mercoledì 26 novembre 2014

Ingroia indagato per calunnia L’ex pm: «È una cosa inaudita

IL CASO ATTILIO MANCA


PALERMO - Un avviso di garanzia è stato notificato all’ex pm antimafia Antonio Ingroia nell’ambito del processo a Viterbo sulla morte di Attilio Manca, medico di Barcellona Pozzo di Gotto, nel messinese, trovato morto nella sua casa di Viterbo nel 2004 con una siringa di eroina nel braccio. Ingroia, legale della famiglia del medico, è accusato di calunnia e dovrà recarsi a Viterbo per essere interrogato il prossimo 1 dicembre.
«È un fatto paradossale e mostruoso, oltre che una cosa inaudita - ha spiegato Ingroia incontrando i giornalisti a Palermo -. Una mostruosità giuridica e una compressione del diritto di difesa. Per la prima volta un avvocato è accusato di calunnia per quello che ha dichiarato dentro le aule di giustizia nel processo. Una cosa inaudita, perché io ho ripetuto quello che un’inchiesta giornalistica, condotta da “Chi l’ha visto? ” rivelò, smascherando quello che era stato falsamente scritto in un atto, ossia che Manca non poté recarsi a Marsiglia nei giorni in cui Provenzano andò a curarsi».

Al contrario secondo la tesi dei familiari del medico la mafia barcellonese, nel 2003, costrinse Manca ad operare alla prostata il boss Bernardo Provenzano che si trovava ricoverato in una clinica di Marsiglia. Poi, dopo l’intervento, l’avrebbe ucciso per eliminare un testimone scomodo. Una tesi, quella della famiglia, che sembra trovare conferma nelle parole del dichiarante Giuseppe Setola, killer dei Casalesi, il quale ha detto che Manca fu ucciso per ragioni di mafia legate a Provenzano.

Ma la lettura di Antonio Ingroia va oltre. E secondo l’ex pm «l’avviso di garanzia dal chiaro contenuto intimidatorio vuole colpire Antonio Ingroia non come avvocato, ma come ex pm del processo sulla trattativa Stato-mafia». «Sono certo che l’omicidio Manca - aggiunge - sia collegato alla trattativa Stato-mafia. Provenzano doveva essere curato e rimanere in vita perché era il garante di quel patto scellerato. L’urologo è entrato in contatto a sua insaputa con questa vicenda e quando si è reso conto di chi aveva curato è stato ucciso. L’avviso di garanzia nei miei confronti è un modo per fare tabula rasa di chi cerca la verità».

Anche la madre dell’urologo trovato morto, Angela Gentile, è convinta che il decesso del figlio sia legato alla trattativa Stato-mafia e secondo lei c’è stato un depistaggio da parte dei servizi segreti: «L’ho scoperto quando è sparita l’ultima telefonata - ha detto - e questo solo i servizi segreti possono farlo».

Medico di Enna contagiato dall'Ebola

"Allora, voi come state? E i miei pazienti? Come stanno oggi?". Sono le parole del medico di Emergency contagiato dall'ebola e ricoverato allo Spallanzani di Roma, riferite da un amico, il suo primario in ospedale, e riportate su vari quotidiani che pubblicano virgolettati attribuiti all'uomo, del quale è trapelato il nome di battesimo e l'ospedale in cui lavora in Sicilia.
"Mi fa male un po' la schiena. Sai, dieci ore su quella barella, prima in ambulanza, poi in aereo, non è proprio il massimo. È davvero una posizione scomoda", scrive ancora il quotidiano. Anche un articolo del Messaggero, riporta il racconto del viaggio dalla Sierra Leone a Roma: "Per tutto il tempo, come vuole la procedura, sono rimasto nella barella ad alto contenimento. Immobile. Prima ci sono state lunghe ore in ambulanza per raggiungere l'aeroporto dall'ospedale in Sierra Leone. Poi altre sei sul Boeing dell'Aeronautica. Ora finalmente sono qua".
Il Corriere della Sera riporta le parole della moglie, che ha deciso di non partire per Roma per sottrarsi al 'circo mediatico', come aveva detto ieri anche all'Ansa: "Un po' s'è arrabbiato controllando i siti Internet, scoprendo praticamente il suo identikit, pur in assenza di nome e cognome". Il motivo è che vuole tutelare la madre "da una preoccupazione troppo grande per l'età e per il cuore". "State tranquilli, ce la farò" e "sono in buone mani. Mi cureranno. Ci vediamo presto", sono le parole dell'uomo pubblicate da Qn.
"Io ero contraria alla sua partenza in Sierra Leone per conto di Emergency. E glielo avevo detto, gli avevo espresso le mie perplessità a causa del pericolo di contagio" e "pensare che sarebbe dovuto rientrare dopodomani...". Lo dice - in un'intervista a La Stampa - la sorella del medico italiano contagiato in Sierra Leone dal virus ebola. Lui - aggiunge - "è fatto così: altruista e generoso incarna tutti i valori tipici del medico. È partito, spinto dal desiderio di rendersi utile, di mettere la sua professione al servizio dei più bisognosi". La donna parla anche delle passate missioni del fratello con Emergency, che "rappresenta per lui, bravissimo infettivologo, l'occasione per aiutare le popolazioni che soffrono di più negli angoli più problematici del mondo".
Nemmeno lei si recherà a Roma, anche perché "ribadiamo, sia io sia le sue figlie, l'assoluta necessità di garantire nel modo più assoluto la privacy. Mio fratello ha solo bisogno di essere curato e di guarire in una condizione di tranquillità. La situazione è già complessa e non abbiamo bisogno di ulteriori pensieri".

AGGIORNAMENTI. Il medico di Emergency affetto da Ebola è stabile ma presenta ancora febbre a 38,5 gradi. Tuttavia "non presenta nuovi sintomi caratteristici della malattia, in particolare non ha segni emorragici". Lo hanno reso noto i medici dello Spallanzani leggendo il bollettino medico. Ha cominciato ieri il trattamento sperimentale che è stato ben tollerato. Il farmaco utilizzato è stato ottenuto con una procedura speciale per l'importazione dei farmaci non registrati. Lo hanno reso noto i medici dello Spallanzani in un incontro stampa per la lettura del bollettino medico.  I medici hanno dunque sottolineato che il trattamento sperimentale al quale il paziente è sottoposto "è stato ben tollerato". Il farmaco utilizzato, hanno spiegato, "è stato ottenuto con una procedura speciale per l'importazione dei farmaci non registrati. La stessa procedura continuerà a garantire l'approvvigionamento del farmaco fino al completamento del ciclo terapeutico". Il paziente, hanno inoltre reso noto i medici, "è monitorato per la funzionalità cardiaca, epatica e renale per identificare precocemente l'eventuale comparsa di effetti avversi al trattamento".
Inoltre, l'unità farmaci essenziali dell'Organizzazione mondiale della sanità, rilevano i sanitari, "ha fornito tutta l'assistenza possibile e ha condiviso le scelte effettuate". Sempre al fine di garantire "la maggiore tranquillità degli operatori, nonché la sicurezza nella gestione del paziente - concludono i sanitari - l'Istituto ha destinato una task force di personale particolarmente esperto esclusivamente all'assistenza del paziente infetto".

ENNA 1943 Ricordi di Guerra

Un viaggio nella memoria e nel ricordo, un’emozione che dura da settantuno anni. Un libro dal titolo semplice, “Enna 1943”, che rievoca i tragici avvenimenti dei giorni 11, 12 e 13 luglio di quell’anno: la guerra che con il suo carico di distruzione, di lacrime e di morte, passava anche da Enna. Erano i giorni in cui le forze angloamericane, sbarcate in Sicilia, avanzavano inesorabilmente contro i tentativi di resistenza dei tedeschi di stanza nell’isola: la popolazione civile occupò allora, per alcuni lunghi e tragici giorni, la posizione più scomoda che si possa immaginare. Stava in mezzo ai belligeranti tra i quali “non vi furono santi da una parte e demoni dall’altra”. Ieri l’affollata sala del Centro polifunzionale “Antonio Maddeo” ha omaggiato l’autore del volume, Augusto Lucchese, e nello stesso tempo ha plaudito all’iniziativa, patrocinata dal comune di Enna, promossa dall’associazione “Ethos” in collaborazione con le associazioni “Fundrò” e “Vittime civili di guerra”. Il libro, riccamente illustrato con poetiche immagini d’epoca in bianco e nero, è frutto di una serie di appunti che Lucchese, all’epoca giovanissimo, annotò su dei fogli di quaderno dove descrisse quanto avvenne in quei giorni di bombardamento. “Un racconto –è scritto nella prefazione- dallo stile semplice pur accurato, classico ma al tempo stesso scorrevole, che riesce a far vivere e rivivere le tremende sventure sofferte da quella adorabile terra – Enna – che Callimaco, l’elegiaco, chiamò l’Ombelico della Sicilia”. “Lucchese –ha detto il dott. Orazio Costorella, che ha intrattenuto gli intervenuti con la lettura di alcuni brani- con questo libro ha voluto rievocare un periodo che ha procurato lutti in numerose famiglie e nello stesso tempo si rivolge alla generazione ennese che quasi sicuramente non è a conoscenza di alcuni aspetti storico-sociali della propria città. Di come questa città fu toccata dall’evolversi del secondo conflitto mondiale e dell’effetto che quelle memorabili ore ebbero sulla popolazione e sull’autore allora tredicenne. Ancora oggi –ha aggiunto- rimane oscuro il motivo per cui Enna venne scelta come sede per l’importante strategico comando della VI armata. Una valida ragione potrebbe essere la posizione strategica della città. Enna, inizialmente, pur ospitando diverse strutture militari e diverse fabbriche di munizioni, sembrava non rientrare tra gli obiettivi dell’aviazione alleata. Purtroppo a distanza di pochi giorni dallo sbarco a Gela anch’essa venne bombardata ripetutamente e in modo massiccio e fu per un caso fortuito che venne risparmiata la polveriera che se colpita avrebbe fatto saltare in aria l’intera città. Ad accrescere la paura dell’autore fu una bomba inesplosa davanti casa sua che rimase nei pressi dell’abitazione fino all’arrivo degli americani”. L’incontro si è arricchito del contributo portato dell’ing. Alessandro Scelfo, Mario Orlando, Giuseppe Vicari e tanti altri.

Giacomo Lisacchi