mercoledì 3 novembre 2010

Intervista al senatore Gianpiero D'Alia


Gianpiero D’Alia, presidente del gruppo Udc/Svp a Palazzo Madama, è figlio d’arte. Che il padre Totò, il grande saggio della Dc siciliana, ha ben seminato, lo si capisce dalla stoffa del figlio. E se non si ha stoffa difficilmente in politica si potranno cogliere risultati di grandi livelli come ha fatto il senatore D’Alia, già sottosegretario agli Interni nel 2001, alla sua prima esperienza parlamentare, e oggi leader nazionale e regionale. Noi l’abbiamo incontrato a Pergusa nella sua nuova veste di coordinatore regionale dell’Udc e intervistato in esclusiva per il nostro settimanale. Senatore D’Alia, Lei viene descritto come un figlio d’arte che ha superato il padre. E così? “Mah, questo non lo sò. Devo dire che non nego nè rinnego di essere figlio d’arte. Anzi per me l’esperienza di mio padre è motivo di orgoglio e di grande soddisfazione. Mi ha insegnato tante cose, non solo in politica ma anche nella vita. Per il resto non sono io che devo giudicarmi”. La sua carriera politica è iniziata da giovanissimo, questo sicuramente l’ha portata ad impare anche le astuzie del mestiere. In politica cosa è mediabile e cosa non lo è. “Non sono mediabili i valori e non si possono fare compromessi sull’interesse generale. Sul resto è giusto cercare sempre il confronto e di fare la sintesi tra le diverse opinioni e i diversi interessi”. In Sicilia, sino a poche settimane fa, nell’Udc c’erano i D’Alia e i Pippo Naro, ma anche gli scissionisti Cuffaro, Romano, Mannino ecc.. Quale era il collante che per tanti anni vi ha tenuto insieme? “Sicuramente la condivisione di un progetto e dei valori ai quali noi continuiamo a credere e loro no. Il progetto di Casini e dell’Unione di centro è quello di costruire un’area moderata fatta di laici, ma soprattutto di cattolici che vuole superare questo bipolarismo malato che non dà risposte al Paese. E’ un progetto che non mira ad alleanze nè a destra, nè a sinistra ma cerca di costruire un’alternativa ad un sistema di governo che in questi sedici anni ha prodotto solo guasti. Noi siamo sempre su questa linea, fino a qualche mese fa lo erano pure Cuffaro, Romano e Mannino; dopodichè, hanno deciso di allearsi con Berlusconi. Hanno cambiato opinione loro, non noi, la rispettiamo anche se non la condividiamo”. Appena un anno fa Lei chiedeva le dimissioni di Lombardo, oggi invece è un suo sostenitore. Cosa è cambiato in così breve tempo? “Io non sono un sostenitore di Lombardo. Sono uno che fa politica e cerca di farla in maniera responsabile. Quando Lombardo ha buttato fuori l’Udc dalla giunta regionale, prima delle elezioni europee, con il consenso di tutto il Popolo della libertà, cioè di Berlusconi, ho chiesto che si andasse a votare e quindi ho chiesto al mio partito di presentare una mozione di sfiducia. L’allora segretario regionale del mio partito, l’on. Saverio Romano, mi disse che non era d’accordo. Per altro, in occasione del dibattito della modifica dello Statuto siciliano, io presentai un proposta di legge costituzionale che prevedeva l’introduzione della sfiducia costruttiva sul modello tedesco in Sicilia; anche lì, sia il mio partito, che il Pdl e il Pd non erano d’accordo e la mia proposta non passò. Ho dovuto prendere atto mio malgrado che nè il Pdl, nè il Pd volevano e vogliono le elezioni anticipate al di là di quello che dichiarano. Per cui, a questo punto, bisogna stare ai fatti e prendere atto che Lombardo è presidente della Regione e che ha proposto una giunta che si presenta di alto profilo tecnico. Si è impegnato a fare delle cose positive per la Sicilia; le valuteremo e se ci convinceranno li voteremo, così come facciamo a Roma con Berlusconi”. Le sue priorità di coordinatore regionale? “Intanto, la riorganizzazione del partito in ogni provincia e poi la costruzione del ‘Partito della nazione’. Negli ultimi tempi il partito in Sicilia era diventato un giardinetto privato di alcuni e molti amici si erano allontanati o si erano demotivati. Oggi c’è una grande attenzione, c’è un risveglio c’è una voglia di partecipare. Tanti tappi anche a livello regionale sono saltati e quindi c’è la possibilità di ricostruire un partito, aperto ai giovani, al mondo cattolico, all’area laica, che possa dare un contributo anche in termini di rinnovamento della politica siciliana”. I rapporti con Pd? “I rapporti con il Pd nascono dalla circostanza che entrambi siamo all’opposizione del governo Berlusconi e che su alcune questioni di merito che riguardano le riforme in Sicilia vi sono dei punti d’incontro. Dialoghiamo come del resto facciamo con tutte le forze politiche. Certo, non possiamo dialogare con chi pensa di minacciarci o di buttarci fuori dalle giunte provinciali come il coordinatore siciliano del Pdl Castiglione”.

Pietro Lisacchi





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