sabato 1 gennaio 2011

Intervista al sen. Emanuele Macaluso


Uno dei protagonisti della storia del Pci, il vecchio dirigente e direttore che rigirò come un calzino l’Unità tra il 1982 ed il 1986, quel diciassettenne che nel 1941 aderì al Partito Comunista clandestino. Ecco, questo signore, ora ottantaseienne l’abbiamo incontrato al Liceo linguistico “Lincon” e intervistato in esclusiva per il nostro settimanale sabato scorso alla presentazione del suo ultimo libro, “Leonardo Sciascia ed i comunisti”, dove hanno preso parte Nicola Latorre, vice capogruppo del Pd al Senato, il sen.Giuseppe Lumia, componente nazionale dell’antimafia, e l’on. Salvo Andò, rettore dell’Università Kore. Stiamo parlando di Emanuele Macaluso, riformista in epoca non sospetta, compagno di pensiero, tra gli altri, di Napolitano e Amendola. Senatore Macaluso, oggi ha ancora senso definirsi comunisti?Diciamo così, tutto quello che era il mondo comunista oggi non c’è più. Però ha senso rivendicare l’opera che il Partito comunista italiano, ripeto italiano, ha svolto in Italia, che è stata un’opera di emancipazione sociale e del popolo, di cultura politica, d’interesse nazionale. Quindi, io rivendico quell’opera del Partito comunista italiano e da questo punto di vista non sono un pentito di ciò che ha fatto quel partito”. Si ritiene di essere stato uno sconfitto all’interno del Pci in quanto migliorista e poi riformista? Questo sì, sono stato sconfitto, nel senso che io avrei preferito che la componente riformista del partito, che aveva l’idea di fare del Pci un grande partito socialista europeo, fecesse cadere alcune armature ideologiche ormai superate. In questo senso non c’è dubbio che io sono stato sconfitto”. Come furono i rapporti tra Chiesa e Partito comunista? “Furono sempre molto corretti e importanti, perchè bisogna sempre ricordare che fu Togliatti a proporre l’articolo 7 della Costituzione. L’attenzione ai problemi della religione era sempre molto presente nel Partito comunista, nel senso che abbiamo sempre riconosciuto che in Italia la Chiesa ha un ruolo storicamente ormai consolidato e che quindi bisognava avere un rapporto dialettico. Detto questo, però, la Chiesa sappia: che lo Stato italiano è uno Stato laico; che ha il diritto di esprimere tutte le sue opinioni, ma senza che metta in discussione la laicità dello Stato. Cosa che in questo momento, secondo me, è molto, molto in discussione perchè la Chiesa preferisce un rapporto con Berlusconi, che è un ateo e che fa una politica opportunistica nei confronti della Chiesa”. Il cardinale Bertone qualche anno fa disse che la Chiesa italiana era più rispettata ai tempi della DC e del Pci. Cosa ne pensa? “Io non credo. Chiedere come fa il Partito democratico il testamento di fine vita non mi pare che sia un atto di ribellione alla Chiesa; tra l’altro ci sono molti cattolici che sono d’accordo su questa questione. Per cui, io penso che il cardinale Bertone e altri, diciamo così, hanno esagerato su questa conflittualità con il Partito democratico. Una conflittualità che serve alla Chiesa più per mantenere questo asse, che secondo me è incomprensibile, con un personaggio come Berlusconi”. Lei è stato sempre un attento osservatore della politica siciliana, tra l’altro fu uno degli ideatori del milazzismo, che vide una maggioranza composta da Msi, Pci e Psi al governo della Sicilia. Condivide oggi l’appoggio del Pd al Governo Lombardo? “ Io ritengo che il Partito democratico, nel modo come si è svolta tutta la vicenda, oggi è obbligato a provare a sostenere Lombardo anche per cercare, se è possibile, di uscire da una lunga storia di dominio completo della destra in Sicilia. L’esperimento di Lombardo ha un senso soltanto se rimette al centro la Sicilia. Se la nuova maggioranza è in chiave anti-Berlusconi, se lo scopo è mandare un segnale al Cavaliere, l’operazione è sbagliata e balorda e il Pd in questo caso rischia molto”. Qual’è la sua valutazione sui presunti successi del governo Berlusconi nella lotta alla mafia? “Arrestare i latitanti non basta. Non è andata avanti la lotta contro la cultura mafiosa, contro la “zona grigia”, gli imprenditori che hanno rapporti con la mafia”. Da un punto di vista etico è ammissibile che un politico parli con un mafioso? “Io penso di no. Penso che da un punto di vista etico un uomo politico non deve mai avere rapporto alcuno con la mafia e con i mafiosi, con uomini che sono stati e sono il cancro della Sicilia”.

Giacomo Lisacchi

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