venerdì 5 dicembre 2014
martedì 2 dicembre 2014
lunedì 1 dicembre 2014
domenica 30 novembre 2014
sabato 29 novembre 2014
venerdì 28 novembre 2014
mercoledì 26 novembre 2014
Ingroia indagato per calunnia L’ex pm: «È una cosa inaudita
IL CASO ATTILIO MANCA
PALERMO - Un avviso di garanzia è stato notificato all’ex pm antimafia Antonio Ingroia nell’ambito del processo a Viterbo sulla morte di Attilio Manca, medico di Barcellona Pozzo di Gotto, nel messinese, trovato morto nella sua casa di Viterbo nel 2004 con una siringa di eroina nel braccio. Ingroia, legale della famiglia del medico, è accusato di calunnia e dovrà recarsi a Viterbo per essere interrogato il prossimo 1 dicembre.
«È un fatto paradossale e mostruoso, oltre che una cosa inaudita - ha spiegato Ingroia incontrando i giornalisti a Palermo -. Una mostruosità giuridica e una compressione del diritto di difesa. Per la prima volta un avvocato è accusato di calunnia per quello che ha dichiarato dentro le aule di giustizia nel processo. Una cosa inaudita, perché io ho ripetuto quello che un’inchiesta giornalistica, condotta da “Chi l’ha visto? ” rivelò, smascherando quello che era stato falsamente scritto in un atto, ossia che Manca non poté recarsi a Marsiglia nei giorni in cui Provenzano andò a curarsi».
Al contrario secondo la tesi dei familiari del medico la mafia barcellonese, nel 2003, costrinse Manca ad operare alla prostata il boss Bernardo Provenzano che si trovava ricoverato in una clinica di Marsiglia. Poi, dopo l’intervento, l’avrebbe ucciso per eliminare un testimone scomodo. Una tesi, quella della famiglia, che sembra trovare conferma nelle parole del dichiarante Giuseppe Setola, killer dei Casalesi, il quale ha detto che Manca fu ucciso per ragioni di mafia legate a Provenzano.
Ma la lettura di Antonio Ingroia va oltre. E secondo l’ex pm «l’avviso di garanzia dal chiaro contenuto intimidatorio vuole colpire Antonio Ingroia non come avvocato, ma come ex pm del processo sulla trattativa Stato-mafia». «Sono certo che l’omicidio Manca - aggiunge - sia collegato alla trattativa Stato-mafia. Provenzano doveva essere curato e rimanere in vita perché era il garante di quel patto scellerato. L’urologo è entrato in contatto a sua insaputa con questa vicenda e quando si è reso conto di chi aveva curato è stato ucciso. L’avviso di garanzia nei miei confronti è un modo per fare tabula rasa di chi cerca la verità».
Anche la madre dell’urologo trovato morto, Angela Gentile, è convinta che il decesso del figlio sia legato alla trattativa Stato-mafia e secondo lei c’è stato un depistaggio da parte dei servizi segreti: «L’ho scoperto quando è sparita l’ultima telefonata - ha detto - e questo solo i servizi segreti possono farlo».
«È un fatto paradossale e mostruoso, oltre che una cosa inaudita - ha spiegato Ingroia incontrando i giornalisti a Palermo -. Una mostruosità giuridica e una compressione del diritto di difesa. Per la prima volta un avvocato è accusato di calunnia per quello che ha dichiarato dentro le aule di giustizia nel processo. Una cosa inaudita, perché io ho ripetuto quello che un’inchiesta giornalistica, condotta da “Chi l’ha visto? ” rivelò, smascherando quello che era stato falsamente scritto in un atto, ossia che Manca non poté recarsi a Marsiglia nei giorni in cui Provenzano andò a curarsi».
Al contrario secondo la tesi dei familiari del medico la mafia barcellonese, nel 2003, costrinse Manca ad operare alla prostata il boss Bernardo Provenzano che si trovava ricoverato in una clinica di Marsiglia. Poi, dopo l’intervento, l’avrebbe ucciso per eliminare un testimone scomodo. Una tesi, quella della famiglia, che sembra trovare conferma nelle parole del dichiarante Giuseppe Setola, killer dei Casalesi, il quale ha detto che Manca fu ucciso per ragioni di mafia legate a Provenzano.
Ma la lettura di Antonio Ingroia va oltre. E secondo l’ex pm «l’avviso di garanzia dal chiaro contenuto intimidatorio vuole colpire Antonio Ingroia non come avvocato, ma come ex pm del processo sulla trattativa Stato-mafia». «Sono certo che l’omicidio Manca - aggiunge - sia collegato alla trattativa Stato-mafia. Provenzano doveva essere curato e rimanere in vita perché era il garante di quel patto scellerato. L’urologo è entrato in contatto a sua insaputa con questa vicenda e quando si è reso conto di chi aveva curato è stato ucciso. L’avviso di garanzia nei miei confronti è un modo per fare tabula rasa di chi cerca la verità».
Anche la madre dell’urologo trovato morto, Angela Gentile, è convinta che il decesso del figlio sia legato alla trattativa Stato-mafia e secondo lei c’è stato un depistaggio da parte dei servizi segreti: «L’ho scoperto quando è sparita l’ultima telefonata - ha detto - e questo solo i servizi segreti possono farlo».
Medico di Enna contagiato dall'Ebola
"Allora, voi come state? E i miei pazienti? Come stanno oggi?". Sono le parole del medico di Emergency contagiato dall'ebola e ricoverato allo Spallanzani di Roma, riferite da un amico, il suo primario in ospedale, e riportate su vari quotidiani che pubblicano virgolettati attribuiti all'uomo, del quale è trapelato il nome di battesimo e l'ospedale in cui lavora in Sicilia.
"Mi fa male un po' la schiena. Sai, dieci ore su quella barella, prima in ambulanza, poi in aereo, non è proprio il massimo. È davvero una posizione scomoda", scrive ancora il quotidiano. Anche un articolo del Messaggero, riporta il racconto del viaggio dalla Sierra Leone a Roma: "Per tutto il tempo, come vuole la procedura, sono rimasto nella barella ad alto contenimento. Immobile. Prima ci sono state lunghe ore in ambulanza per raggiungere l'aeroporto dall'ospedale in Sierra Leone. Poi altre sei sul Boeing dell'Aeronautica. Ora finalmente sono qua".
Il Corriere della Sera riporta le parole della moglie, che ha deciso di non partire per Roma per sottrarsi al 'circo mediatico', come aveva detto ieri anche all'Ansa: "Un po' s'è arrabbiato controllando i siti Internet, scoprendo praticamente il suo identikit, pur in assenza di nome e cognome". Il motivo è che vuole tutelare la madre "da una preoccupazione troppo grande per l'età e per il cuore". "State tranquilli, ce la farò" e "sono in buone mani. Mi cureranno. Ci vediamo presto", sono le parole dell'uomo pubblicate da Qn.
"Io ero contraria alla sua partenza in Sierra Leone per conto di Emergency. E glielo avevo detto, gli avevo espresso le mie perplessità a causa del pericolo di contagio" e "pensare che sarebbe dovuto rientrare dopodomani...". Lo dice - in un'intervista a La Stampa - la sorella del medico italiano contagiato in Sierra Leone dal virus ebola. Lui - aggiunge - "è fatto così: altruista e generoso incarna tutti i valori tipici del medico. È partito, spinto dal desiderio di rendersi utile, di mettere la sua professione al servizio dei più bisognosi". La donna parla anche delle passate missioni del fratello con Emergency, che "rappresenta per lui, bravissimo infettivologo, l'occasione per aiutare le popolazioni che soffrono di più negli angoli più problematici del mondo".
Nemmeno lei si recherà a Roma, anche perché "ribadiamo, sia io sia le sue figlie, l'assoluta necessità di garantire nel modo più assoluto la privacy. Mio fratello ha solo bisogno di essere curato e di guarire in una condizione di tranquillità. La situazione è già complessa e non abbiamo bisogno di ulteriori pensieri".
AGGIORNAMENTI. Il medico di Emergency affetto da Ebola è stabile ma presenta ancora febbre a 38,5 gradi. Tuttavia "non presenta nuovi sintomi caratteristici della malattia, in particolare non ha segni emorragici". Lo hanno reso noto i medici dello Spallanzani leggendo il bollettino medico. Ha cominciato ieri il trattamento sperimentale che è stato ben tollerato. Il farmaco utilizzato è stato ottenuto con una procedura speciale per l'importazione dei farmaci non registrati. Lo hanno reso noto i medici dello Spallanzani in un incontro stampa per la lettura del bollettino medico. I medici hanno dunque sottolineato che il trattamento sperimentale al quale il paziente è sottoposto "è stato ben tollerato". Il farmaco utilizzato, hanno spiegato, "è stato ottenuto con una procedura speciale per l'importazione dei farmaci non registrati. La stessa procedura continuerà a garantire l'approvvigionamento del farmaco fino al completamento del ciclo terapeutico". Il paziente, hanno inoltre reso noto i medici, "è monitorato per la funzionalità cardiaca, epatica e renale per identificare precocemente l'eventuale comparsa di effetti avversi al trattamento".
Inoltre, l'unità farmaci essenziali dell'Organizzazione mondiale della sanità, rilevano i sanitari, "ha fornito tutta l'assistenza possibile e ha condiviso le scelte effettuate". Sempre al fine di garantire "la maggiore tranquillità degli operatori, nonché la sicurezza nella gestione del paziente - concludono i sanitari - l'Istituto ha destinato una task force di personale particolarmente esperto esclusivamente all'assistenza del paziente infetto".
ENNA 1943 Ricordi di Guerra
Un viaggio nella memoria e nel ricordo, un’emozione che dura
da settantuno anni. Un libro dal titolo semplice, “Enna 1943”, che rievoca i
tragici avvenimenti dei giorni 11, 12 e 13 luglio di quell’anno: la guerra che
con il suo carico di distruzione, di lacrime e di morte, passava anche da Enna.
Erano i giorni in cui le forze angloamericane, sbarcate in Sicilia, avanzavano
inesorabilmente contro i tentativi di resistenza dei tedeschi di stanza
nell’isola: la popolazione civile occupò allora, per alcuni lunghi e tragici
giorni, la posizione più scomoda che si possa immaginare. Stava in mezzo ai
belligeranti tra i quali “non vi furono santi da una parte e demoni
dall’altra”. Ieri l’affollata sala del Centro polifunzionale “Antonio Maddeo”
ha omaggiato l’autore del volume, Augusto Lucchese, e nello stesso tempo ha
plaudito all’iniziativa, patrocinata dal comune di Enna, promossa dall’associazione
“Ethos” in collaborazione con le associazioni “Fundrò” e “Vittime civili di
guerra”. Il libro, riccamente illustrato con poetiche immagini d’epoca in
bianco e nero, è frutto di una serie di appunti che Lucchese, all’epoca
giovanissimo, annotò su dei fogli di quaderno dove descrisse quanto avvenne in
quei giorni di bombardamento. “Un racconto –è scritto nella prefazione- dallo
stile semplice pur accurato, classico ma al tempo stesso scorrevole, che riesce
a far vivere e rivivere le tremende sventure sofferte da quella adorabile terra
– Enna – che Callimaco, l’elegiaco, chiamò l’Ombelico della Sicilia”. “Lucchese
–ha detto il dott. Orazio Costorella, che ha intrattenuto gli intervenuti con
la lettura di alcuni brani- con questo libro ha voluto rievocare un periodo che
ha procurato lutti in numerose famiglie e nello stesso tempo si rivolge alla
generazione ennese che quasi sicuramente non è a conoscenza di alcuni aspetti
storico-sociali della propria città. Di come questa città fu toccata dall’evolversi
del secondo conflitto mondiale e dell’effetto che quelle memorabili ore ebbero
sulla popolazione e sull’autore allora tredicenne. Ancora oggi –ha aggiunto-
rimane oscuro il motivo per cui Enna venne scelta come sede per l’importante
strategico comando della VI armata. Una valida ragione potrebbe essere la
posizione strategica della città. Enna, inizialmente, pur ospitando diverse
strutture militari e diverse fabbriche di munizioni, sembrava non rientrare tra
gli obiettivi dell’aviazione alleata. Purtroppo a distanza di pochi giorni
dallo sbarco a Gela anch’essa venne bombardata ripetutamente e in modo
massiccio e fu per un caso fortuito che venne risparmiata la polveriera che se
colpita avrebbe fatto saltare in aria l’intera città. Ad accrescere la paura
dell’autore fu una bomba inesplosa davanti casa sua che rimase nei pressi
dell’abitazione fino all’arrivo degli americani”. L’incontro si è arricchito
del contributo portato dell’ing. Alessandro Scelfo, Mario Orlando, Giuseppe
Vicari e tanti altri.
Giacomo Lisacchi
sabato 7 giugno 2014
Tre feriti e panico tutto intorno. Fortunatamente non è realtà, ma la scena di una simulazione
Tre
feriti e panico tutto intorno, scatta l’allarme e nel giro di pochi minuti
arrivano i soccorritori per prestare aiuto alle vittime, recuperarle e portarle
via. Fortunatamente non è realtà, ma la scena di una simulazione, a seguito di
una forte scossa di terremoto, messa in atto ieri mattina negli spiazzali
dell’ospedale Umberto I° nel corso dell’esercitazione organizzata dal
Dipartimento Regionale di Protezione Civile denominata “I quaderni del DRPC:
Isole d’Anpas” che durerà per tutto il week-end. Un’esercitazione che è stata
possibile svolgere grazie alla collaborazione con il Comitato Regionale Anpas Sicilia, la Provincia Regionale di Enna
e il CSVE e che sta coinvolgendo i territori di Enna, Calascibetta e Villarosa.
A prima vista, alle tante persone, compresi noi, che si stavano recando nei
vari reparti del nosocomio era sembrato che veramente fosse successo qualcosa
di brutto; ma sono state prontamente informate e rassicurate dai volontari
della protezione civile presente, tra i quali molte giovane ragazze, che si
trattava di una simulazione e quindi sono state invitate, tanto sembrava vera
la scena, a non guardare se facilmente impressionabili. Sono stati diversi però
i cittadini a soffermarsi ed assistere alle scene dei soccorsi e a riprenderle
con il cellulare. All’esercitazione, trovandosi a passare, ha assistito anche
l’assessore comunale alla solidarietà, Angela Merlo, che si è complimentata con
gli operatori volontari per l’impegno che in questi giorni stanno mettendo nell’attività
di esercitazione. Nella simulazione è stata coinvolta anche una squadra speciale che in pochi minuti ha
approntato una tenda nello spiazzale adibito a parcheggio per i dipendenti
dell’ospedale con funzioni probabilmente di struttura sanitaria campale per il
trattamento dei feriti nell'immediatezza. Bravi i giovani che si sono prestati
a fare da simulatori e grande il lavoro
dei truccatori: i primi hanno avuto il compito, come provetti attori, di “simulare”
i sintomi delle ferite che le vittime hanno riportato; i secondi, invece, hanno
dovuto riprodurre fedelmente le ferite che i singoli traumi causerebbero se il
terremoto avvenisse nella realtà. L’attività messa in campo in questi
giorni “mette alla prova l’intero sistema di protezione civile” e la
possibilità di verificare sul terreno l'apprendimento degli argomenti che
vengono proposti nei vari corsi di emergenza organizzati. Tra i soccorritori
anche volontari dell’Anpas Sardegna. Altro scenario di esercitazione, a sentire
dalle ricetrasmittenti accese degli operatori, il Castello di Lombardia.
Giacomo Lisacchi
MONS. ROSARIO GISANA A VILLAROSA
Una
bella cerimonia, allietata dal coro Santa Cecelia, e nel contempo anche una
grande festa popolare. La festa della Chiesa amata dalla gente. Domenica
pomeriggio, le comunità di Villarosa e Villapriolo per la prima volta hanno
abbracciato e accolto con entusiasmo il nuovo vescovo, don Rosario Gisana (così
ama essere chiamato) accompagnando con applausi il suo ingresso prima nella
chiesa di San Giuseppe di Villapriolo, dove è giunto per una breve visita, e
poi nella Chiesa Madre di Villarosa, stracolma e profumata d’incenso, dove
invece si è celebrata solennemente l’Eucarestia. Ad attenderlo davanti al
sacrato della matrice le autorità civili, militari e religiose tra cui il
vicario foraneo, don Salvatore Stagno, e il sindaco Franco Costanza che gli
sono corsi incontro per un caloroso benvenuto. “Eccellenza reverendissima,
carissimo don Rosario –ha detto don Salvatore Stagno, nel saluto- è con grande
gioia che la comunità ecclesiale di Villarosa accoglie per la prima volta il
nuovo pastore. Ella, eccellenza, è qui, a casa. E’ in mezzo ai suoi figli
spirituali che vogliono aderire al suo ministero di padre e di pastore. In
qualità di parroco della Chiesa Madre e di vicario foraneo –ha aggiunto-, ho
l’onore di presentarle la comunità di
Villarosa che manifesta un cuore grande e semplice, desideroso di ascoltare la
parola di Dio e di testimoniarla. La Chiesa di Villarosa con le sue tre
parrocchie di San Giacomo Maggiore, dell’Immacolata Concezione, di San Giuseppe
in Villapriolo, fa proprie le gioie e i dolori di questo lembo di terra della
Sicilia, ne assume le attese e le speranze, riflette sulle sue contraddizioni e
lo fa nello snodarsi di una vita ecclesiale abbastanza viva, caratterizzata da
una ministerialità consapevole ed attiva”.
Dinanzi all’attuale panorama storico che spesso si presenta con
un’ecclissi del sacro, accompagnato dalla scomparsa della verità, dallo
scandalo della povertà, mons, Gisana nell’omelia ha proposto una fede crescente
capace di testimoniare con credibilità il Vangelo di Cristo. “La parola di Dio
–ha detto- dà vita, speranza, futuro e prospettive. Sembra davvero molto
paradossale ragionare in questi termini e utilizzare queste parole nel momento
in cui ci troviamo dal punto di vista socio-culturale. Nel momento in cui lo
stato delle famiglie e le tante situazioni variegate purtroppo ci dicono tutto il
contrario”. Quindi ha ringraziato “con molta gioia e gratitudine” il vicario, i
presbiteri (don Salvatore Chiolo, don Salvatore Bevacqua e don Tino Regalbuto),
le autorità e la bellissima comunità di Villarosa e Villapriolo in quanto
“testimoni di fede e del Signore”. Alla fine della cerimonia a mons. Gisana
sono stati donati due paramenti liturgici: un asciugatoio e un grembiule,
“segni di una Chiesa povera, ma ricca di poveri da servire, a cui lavare i
piedi e fasciare le ferite versando il balsamo della parola”.
Pietro
Lisacchi
UMBERTO I°, INTERVIENE IL CONSIGLIO
Interventi
accesi e pugni sul tavolo, nulla di più. Se pur si è scomodato perfino
Schopenhauer, i problemi restano tutti sul tavolo e irrisolti. Cosà sarà della
sanità a Enna e provincia è un interrogativo che al momento continua a tenere
banco e purtroppo a creare tanta angoscia nei cittadini. Il Consiglio comunale
di ieri, organizzato nella sala convegni dell’Umberto I°, si può così
sintetizzare: analisi di una struttura come l’Umberto I° che fa acqua da tutte
le parti; difesa del suo operato e accuse verso il personale da parte del
commissario dell’Asp; invito del sindaco Paolo Garofalo al commissario “di
essere meno generalizzante quando parla di accuse così pesanti nei confronti di
persone che qui sudano il loro pane quotidianamente”, per poi concludere con
l’esortazione ad andarsene e quindi a “liberare la stanza che occupa”. Il
commissario Termine, a fronte del disastro della sanità ennese, non ci sta a
fare da capro espiatorio e ha rivendicato il suo ruolo di “uomo delle
istituzioni” che ha sempre lavorato “come professionista nell’interesse
dell’ammalato”. ”L’aspetto negativo della mia permanenza a Enna –ha detto- è
che se avessi avuto tempi e modi “qualchi gamma l’avissi spizzatu”, perché
raddrizzare non si può. E quindi nella temporaneità del mio mandato ho cercato
di dare un indirizzo”. Un indirizzo che però si è sfrangiato, a suo dire, di
fronte a “quattro facinorosi che aizzano le folle e impediscono di lavorare”;
di politicanti e sindacalisti che pretendono
e “credono di fare quello che vogliono”; nel “troppo personale” (“Questo
è un ospedale che in 30 milioni che produce ne perde 26”); “nella troppa gente
che non fa niente” che è per giunta “lavata” e che “ha le responsabilità solo
per avere emolumenti economici”; di gente che arriva in ritardo e “alle nove se
ne va”; di primari, “figli di questa politica” la cui attività è
“insoddisfacente”; di personale poco propenso al trasferimento anche da un
reparto all’altro. “Questa comunità ha bisogno –ha affermato- di avere una
assistenza degna di una civiltà contemporanea. Ovviamente io non posso mandare
a casa nessuno. Ma mi sono permesso di allontanare un oculista e lo farei mille
volte. Perché non si comprende come un oculista dell’ospedale Cervello di
Palermo fa 1300 cataratte e 300 interventi medio-complessi con l’ausilio di
altre cinque persone, qua con 7 persone si fanno 100 cataratte e 30
visite”. Quindi ha rivendicato con
orgoglio di essere il prof. Termine, chirurgo e dirigente del Cervello, e non
“il primo cog….. che arriva e lo mandano in giro”. In sostanza il leitmotiv del
commissario Termine è stato identico a quello del presidente della VI
commissione sanità all’Ars, on. Pippo Digiacomo, il quale alla sala Cerere alcuni mesi fa, nel corso del
convegno sulla sanità organizzato dal PD ennese, ha rilevato innanzitutto
l’assurdità di “una spesa di 70 milioni di euro per prestazioni sanitarie che i
cittadini ennesi hanno ritenuto dover ricevere rivolgendosi ad altre provincie
della Sicilia (45 milioni di euro) o in altre regioni d’Italia (25 milioni).
“Un numero abnorme” - tuonò Digiacomo-. “I 70 milioni di prestazioni che il
cittadino della provincia di Enna va a richiedere in altre parti della Sicilia
o d’Italia potrebbero essere giustificati solo per interventi di una certa
complessità, come un intervento cardiochirurgico o un intervento tumorale di
secondo livello. I 70 milioni di euro che invece noi riversiamo come mobilità
passiva della provincia di Enna, sono prestazioni di media portata. Ciò
significa che voi cittadini di Enna e provincia ritenete che sia insicura
l’offerta sanitaria del vostro territorio”.
Giacomo
Lisacchi
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