Interventi
accesi e pugni sul tavolo, nulla di più. Se pur si è scomodato perfino
Schopenhauer, i problemi restano tutti sul tavolo e irrisolti. Cosà sarà della
sanità a Enna e provincia è un interrogativo che al momento continua a tenere
banco e purtroppo a creare tanta angoscia nei cittadini. Il Consiglio comunale
di ieri, organizzato nella sala convegni dell’Umberto I°, si può così
sintetizzare: analisi di una struttura come l’Umberto I° che fa acqua da tutte
le parti; difesa del suo operato e accuse verso il personale da parte del
commissario dell’Asp; invito del sindaco Paolo Garofalo al commissario “di
essere meno generalizzante quando parla di accuse così pesanti nei confronti di
persone che qui sudano il loro pane quotidianamente”, per poi concludere con
l’esortazione ad andarsene e quindi a “liberare la stanza che occupa”. Il
commissario Termine, a fronte del disastro della sanità ennese, non ci sta a
fare da capro espiatorio e ha rivendicato il suo ruolo di “uomo delle
istituzioni” che ha sempre lavorato “come professionista nell’interesse
dell’ammalato”. ”L’aspetto negativo della mia permanenza a Enna –ha detto- è
che se avessi avuto tempi e modi “qualchi gamma l’avissi spizzatu”, perché
raddrizzare non si può. E quindi nella temporaneità del mio mandato ho cercato
di dare un indirizzo”. Un indirizzo che però si è sfrangiato, a suo dire, di
fronte a “quattro facinorosi che aizzano le folle e impediscono di lavorare”;
di politicanti e sindacalisti che pretendono
e “credono di fare quello che vogliono”; nel “troppo personale” (“Questo
è un ospedale che in 30 milioni che produce ne perde 26”); “nella troppa gente
che non fa niente” che è per giunta “lavata” e che “ha le responsabilità solo
per avere emolumenti economici”; di gente che arriva in ritardo e “alle nove se
ne va”; di primari, “figli di questa politica” la cui attività è
“insoddisfacente”; di personale poco propenso al trasferimento anche da un
reparto all’altro. “Questa comunità ha bisogno –ha affermato- di avere una
assistenza degna di una civiltà contemporanea. Ovviamente io non posso mandare
a casa nessuno. Ma mi sono permesso di allontanare un oculista e lo farei mille
volte. Perché non si comprende come un oculista dell’ospedale Cervello di
Palermo fa 1300 cataratte e 300 interventi medio-complessi con l’ausilio di
altre cinque persone, qua con 7 persone si fanno 100 cataratte e 30
visite”. Quindi ha rivendicato con
orgoglio di essere il prof. Termine, chirurgo e dirigente del Cervello, e non
“il primo cog….. che arriva e lo mandano in giro”. In sostanza il leitmotiv del
commissario Termine è stato identico a quello del presidente della VI
commissione sanità all’Ars, on. Pippo Digiacomo, il quale alla sala Cerere alcuni mesi fa, nel corso del
convegno sulla sanità organizzato dal PD ennese, ha rilevato innanzitutto
l’assurdità di “una spesa di 70 milioni di euro per prestazioni sanitarie che i
cittadini ennesi hanno ritenuto dover ricevere rivolgendosi ad altre provincie
della Sicilia (45 milioni di euro) o in altre regioni d’Italia (25 milioni).
“Un numero abnorme” - tuonò Digiacomo-. “I 70 milioni di prestazioni che il
cittadino della provincia di Enna va a richiedere in altre parti della Sicilia
o d’Italia potrebbero essere giustificati solo per interventi di una certa
complessità, come un intervento cardiochirurgico o un intervento tumorale di
secondo livello. I 70 milioni di euro che invece noi riversiamo come mobilità
passiva della provincia di Enna, sono prestazioni di media portata. Ciò
significa che voi cittadini di Enna e provincia ritenete che sia insicura
l’offerta sanitaria del vostro territorio”.
Giacomo
Lisacchi
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