Lavoro, sviluppo, legalità: sono state queste le parole d’ordine che hanno scandito la manifestazione regionale organizzata dalla Cgil Sicilia sabato scorso a Enna. Va apprezzata l’alta sensibilità dimostrata dal sindacato, tutto al femminile (a livello nazionale è diretto da Susanna Camusso, in Sicilia da Mariella Maggio e a Enna da Rita Magnano), che, facendo di Enna la capitale della disoccupazione, del lavoro precario e clientale, ha inteso porre, a livello nazionale il “caso Sicilia” all’attenzione del Paese. Lo sforzo organizzativo è stato enorme. Sicuramente questa manifestazione poteva essere un’ottima ‘semina’ se, come hanno evidenziato in molti, venivano coinvolte anche le altre organizzazioni sindacali: Cisl e Uil. L’unità d’intenti in questi casi è fondamentale per due azioni essenziali: la sconfitta della cultura omertosa di buona parte dell’ambiente siciliano e, soprattutto, la fioritura del lavoro che metta ko (o comunque limiti) la piaga della disoccupazione. In Sicilia, Enna in particolare, Sud nel Sud, gli indicatori in negativo sono impressionanti. E quando manca il lavoro crescono di pari passo la miseria e la soglia di povertà, favorendo nel contempo il cinico arruolamento dei giovani e dei disoccupati negli “organici” criminali della mafia. E si sa che la criminalità organizzata (ma anche la mafia dei cosiddetti colletti bianchi o dei politici che girovogano nell’area grigia dell’affarismo politico-clientelare) continua a rappresentare un ostacolo al vivere civile e alla crescita produttiva del Mezzogiorno. Il corteo, la cui sicurezza è stata garantita dalla Polizia di Stato, diretta egregiamente dal questore Salvatore Patanè, è partito da piazza Europa percorrendo viale IV Novembre, via Libertà e via Roma per confluire poi in piazza Vittorio Emanuele, dove intorno alle 11 vi sono stati gli interventi della segretaria confederale della Cgil nazionale Vera Lamonica, della segretaria regionale, Maggio, e della segretaria provinciale, Magnano. A Mariella Maggio abbiamo chiesto: Come mai è stata scelta Enna? “Enna, all’interno dei dati già difficili della regione Sicilia, è quella che presenta purtroppo la punta più avanzata sul fronte della disoccupazione. Se in Sicilia la disoccupazione giovanile è circa del 39%, mentre quella delle giovani donne va oltre il 44%, ad Enna addirittura il tasso di disoccupazione delle giovani donne raggiunge il 47,5%. Per questo l’abbiamo fatta assurgere ad emblema di tutto ciò che è necessario fare; di tutto ciò che il Governo regionale deve fare immediatamente per attrarre investimenti prima che l’apparato produttivo dell’economia di questa nostra Regione vada definitavamente a rotoli. Poco o quasi nulla si è fatto finora: si continua a non investire e si continua a non dare risposte ai giovani, a coloro che in una dimensione di così grande difficoltà non riescono più ad intravedere il loro futuro. Tanto che in molti cominciano a chiedersi: “Perchè studiare se poi non c’è la possibilità di avere un lavoro e di avere quindi la possibilità di costruirci un futuro così come hanno fatto i nostri padri?” Questa realtà porta ad un sentimento di rassegnazione, che alla fine è il vero problema”. Molti si rammaricano per la mancata presenza di Cisl e Uil. Non ritiene che questa manifestazione sarebbe stata più forte se tutte le organizzazioni sindacali fosssero state presenti? “ Il rammarico è anche nostro, perchè a fronte di parecchie iniziative che unitariamente abbiamo fatto su tutto il territorio regionale, e di fronte anche ad una condivisione, a parole, sulle condizioni della Sicilia, e soprattutto su quelle che sono le proposte che molto spesso insieme abbiamo fatto al Governo Lombardo, alla fine non riusciamo a mettere unitariamente mobilitazioni di questo tipo. E’ molto strano ma speriamo che prima o poi quello che è il disagio, quelli che sono i bisogni della gente riescano a farci ritrovare con Cisl e Uil”. La segretaria confederale nazionale, Vera Lamonica, ha sottolineato la necessità “che questo Paese incominci a parlare di problemi veri”. E i problemi veri –ha ricordato- sono il lavoro e la crescita che non c’è e che stenta a ripartire. Gli altri paesi europei e in parte, se pur per poco, anche le regioni del Nord dell’Italia, danno qualche segno di ripresa. Il Sud invece paga il prezzo di anni di abbandono, di anni in cui non si è investito non solo nelle sue potenzialità umane, ma anche nelle risorse naturali, nelle infrastrutture, nella cultura, nella conoscenza e nella ricerca. E se parliamo della Sicilia, ahimè, non sfrutta neanche le potenzialità, che derivano dalla sua posizione geografica, nel nuovo quadro del Mediterraneo. Questa Regione sarebbe un crocivia essenziale per disegnare una Italia del futuro; invece sulla Sicilia si sta cedendo ad una sorta di rassegnazione a fronte di una situazione economica negativa. La manifestazione di oggi, così come lo sciopero generale del 6 maggio, ha questo obiettivo. Facciamo in modo di assumerci tutti la responsabilità di chiedere al Governo Berlusconi che si cambi strada, che bisogna dare risposte ai problemi reali del Paese, ai giovani alle donne, al lavoro che non c’è”. A denunciare un quadro a tinte nere (ma il nostro settimanale non lo fa da anni? Non siamo stati noi che fino a qualche settimana fa abbiamo criticato ancora una volta il tanto sbandierato “Modello Enna” di cui si vanta la nostra classe politica? Non solo. Dai dati di una recente ricerca del Sole 24 Ore emerge che Enna è tra le province peggiori per estorsioni. Quarto posto dopo Biella, Napoli e Foggia) della situazione socio-economica della nostra provincia è stata la segretaria provinciale della Cgil, Rita Magnano. “Il clientelismo –ha detto- è radicato in provincia di Enna e questo tiene in ostaggio tutte le famiglie meno abbienti della provincia”. E ancora: “La provincia ennese ha perso il suo tempo aspettando occupazione, aspettando la soluzione di tanti problemi per la ricerca di fattori di sviluppo. L’Asi continua ad essere commissariata, il Parco tematico di Regalbuto è diventato un miraggio, il polo tessile di Valguarnera è fallito, l’agricoltura ha visto la scomparsa di centinaia di imprese; la scuola, in provincia, ha perduto quattrocento posti di lavoro, come una fabbrica, vicenda che si è chiusa nel silenzio più assordante. Dovremmo puntare al turismo, all’agroalimentare, alla bioenergia, che sono le nostre specificità, i nostri fattori di sviluppo. Urge un piano per il lavoro. Da noi tutto è maledettamente fermo ed in questo stato di cose la malavita potrebbe avere terreno fertile”.
Giacomo Lisacchi
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