Sala Cerere piena per l’incontro pubblico con Nino Di
Matteo, sostituto procuratore della DDA di Palermo, e il prof. Alfredo Galasso,
docente della Facoltà di Giurisprudenza di
Palermo, organizzato dalle associazioni Fuori da coro, Anpi, Terra Matta
ed Erga Omnes. A fare da moderatore il
giornalista-scrittore Salvo Palazzolo. Asettici e imparziali, puntuali e
intransigenti gli interventi di Di Matteo e Galasso, che ripercorrendo anche
alcune esperienze personali si sono soffermati con molte argomentazioni su
mafia, politica e potere. “Mi fa piacere – ha esordito Di Matteo- vedere molti
giovani in quest’aula, tenuto conto, della situazione in cui, purtroppo, il
nostro Paese si trova, dove a parte la forza delle mafie, assistiamo al dilagare
del metodo mafioso anche nell’esercizio del potere. Un metodo –ha sottolineato-
fatto di sopraffazione, favori, raccomandazioni, lobby che prevalgono sulle
ragioni del diritto dei cittadini. Fenomeni che si possono sconfiggere soltanto
se dai voi giovani partirà una vera e propria rivoluzione culturale che possa
portare i frutti nella società di oggi e di domani”. Quindi ha parlato “di sete
di verità e giustizia che tanta parte di cittadini siciliani e italiani
manifestano”. “La speranza –ha commentato- è la ragione, la motivazione più
vera, più bella, più autentica del nostro lavoro di magistrati, anche se ogni
tanto si vivono momenti di smarrimento”. “Personalmente –ha aggiunto Di Matteo-
li vivo quando mi trovo a constatare che, purtroppo, non soltanto parte di
opinione pubblica, ma parte del potere politico, economico e istituzionale
dimostra ancora di essere insensibile alla questione fondamentale della lotta
alla mafia. Sono stati momenti di smarrimento quando ho constatato per esempio,
da cittadino, prima ancora che da magistrato, che nonostante le condanne, alle
ultime elezioni politiche partiti politici hanno candidato alcuni elementi
nelle file delle loro liste, collocandoli tra l’altro in maniera tale da
garantirne l’elezione, come se la responsabilità penale –ha precisato- fosse
l’unico tipo di responsabilità; o in certi processi che riguardano le stragi
del periodo 1992/1993, che ha segnato il passaggio tra la prima e la seconda
repubblica, dove ho constatato delle evidenti reticenze istituzionali”. Galasso
nel suo intervento ha invece lanciato un messaggio e un monito. “Sono convinto
–ha detto- che oggi più che mai è necessario che l’iniziativa antimafia diventi
una iniziativa normale non di emergenza nella quale si attivi un circuito di reponsabilità
di ordine politico e istituzionale”. Per Galasso esiste anche una
responsabilità professionale. “Mi riferisco -ha detto- a certi commercialisti,
avvocati, geometri, ingegneri, medici, architetti i quali pur di realizzare una
base professionale non guardano chi è il committente e finiscono col diventare,
senza averne magari l’intenzione, complici del sistema mafioso. C’è pure una
responsabilità sociale, ecco perchè è importante la presenza delle
associazioni. Spesso l’indifferenza o la tolleranza –ha concluso- si fa più
sensibile nel momento in cui ci sono problemi di natura economica e sociale.
Quindi attenzione al momento che stiamo attraversando”.
Giacomo
Lisacchi
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