“La giustizia prima o poi trionfa. Era l’aprile del 2003 quando abbiamo avuto con Confindustria di Caltanissetta uno scontro sulla questione dell’informativa Antimafia da inserire nei bandi di gara, durante la trattativa per la costituzione del nuovo protocollo di legalità, che è servito a impedire che le imprese mafiose continuassero a prendere gli appalti nella città di Gela”. Così Rosario Crocetta, eurodeputato del PD, ha commentato la notizia dell’arresto di Pietro Di Vincenzo ex presidente di Confindustria Caltanissetta e dell’Ance. “Era il giugno del 2003 quando denunciai con forza che trovavo terribile che la Regione siciliana consentisse allo stesso Di Vincenzo di gestire il quinto modulo bis del dissalatore, quando la sua azienda non poteva ottenere il rilascio dell’informativa antimafia. Ricordo che protestai per tutto ciò, ma a Di Vincenzo quell’appalto non venne mai revocato dalla Regione, guidata allora da Totò Cuffaro. Il resto lo facemmo con un gruppo di imprenditori guidati da Antonello Montante e Marco Venturi (attuale assessore regionale all’industria), insieme ad altri come l’ingegnere Rispoli dell’Eni, Rosario Marù che coraggiosamente fecero la battaglia per sostituire Di Vincenzo alla presidenza della Confindustria di Caltanissetta. Subito dopo, - ha continuato Crocetta - nel momento in cui iniziammo quella battaglia, arrivarono le minacce a Montante e Venturi. E siamo andati avanti, come è andata avanti Confindustria con la svolta di Lo Bello e della Marcegaglia. Per anni abbiamo denunciato che Di Vincenzo gestiva un sistema di potere che sostituiva i vecchi cavalieri del lavoro e fatto importante, come presidente dell’Ance Sicilia suggeriva le regole sulle gare d’appalto in Sicilia. Regole che vanno immediatamente cambiate poiché il sistema di aggiudicazione in atto in Sicilia non consente di proteggere la comunità e gli appalti dalle aggressioni mafiose. Naturalmente sono stato denunciato da Di Vincenzo e ovviamente prosciolto dai magistrati, perché accertarono che le mie accuse erano vere. E si sono dimostrate vere in questi anni quando sono stati sequestrati a Di Vincenzo circa 460 milioni di euro di patrimonio e oggi l’arresto. La giustizia fa il suo corso, inesorabile. Grazie al lavoro instancabile di un pool, quello di Caltanissetta, diretto dal dott Lari che insieme alle forze dell’ordine della stessa provincia si caratterizza per una battaglia antimafia, chiara, netta, quella dei fatti. L’arresto di Di Vincenzo è un monito per quegli imprenditori che ancora oggi vogliono truccare le carte, che pensano che dietro l’apparente facciata della rispettabilità si possano riciclare i soldi della mafia e persino incontrare boss latitanti come i componenti della famiglia Rinzivillo di Gela. E’ la svolta in Sicilia. Tante altre cose devono venire fuori, ma noi confidiamo nella giusta giustizia, quella che indaga, accerta le verità e non teme i potenti. I miei più sinceri ringraziamenti e sentite congratulazioni al pool antimafia di Caltanissetta, al Questore, ai poliziotti, al Comandante dei carabinieri di Caltanissetta e a tutti i componenti dell’arma, al comandante della Guardia di finanza e ai suoi uomini. Indietro non si torna. Lo dimostrano i fatti di oggi, di ieri, le grandi operazioni che stanno andando avanti. Le mie accuse, insieme a quelle dell’On Lumia, sono state considerate per anni eccessive. I fatti e le inchieste dimostrano – ha concluso l’europarlamentare del PD - che abbiamo visto giusto e che ancora oggi, abbiamo le idee chiare sui gruppi di potere che continuano a danneggiare lo sviluppo della nostra Sicilia”. “Gli arresti e i sequestri di oggi dimostrano che Cosa nostra può contare su una forte rete di collusioni e su un’ingente quantità di beni e attività imprenditoriali con cui condizionare l’economia. Una organizzazione che gode del sostegno di decine di fiancheggiatori, liberi professionisti e financo della connivenza degli istituti di credito. I settori di interesse sono sempre gli stessi: riciclaggio, estorsioni, edilizia, gestione di immobili”. Sono state queste, invece, le parole del senatore Giuseppe Lumia, componente della Commissione antimafia nel commentare le operazioni che hanno portato all’arresto di Di Vincenzo e Giuseppe Sirugo; a Catania, al sequestro di un patrimonio di trenta milioni di euro riconducibili all’imprenditore edile Vincenzo Basilotta ed, inoltre, al sequestro di beni per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro, riconducibili a Pietro e Diego Rinella, fratelli di Salvatore Rinella, ritenuto capo della famiglia mafiosa di Trabia (Pa) e condannato all’ergastolo. “In questa fase – ha aggiunto Lumia – in cui la mafia è ferita, è necessario affondare il colpo per impedire che si possa riorganizzare. Bisogna intensificare l’azione repressiva e colpire gli interessi dei boss e i loro patrimoni. Allo stesso tempo è indispensabile che la politica faccia il suo dovere, dando più risorse e strumenti alla magistratura e alle forze dell’ordine e mettendo in atto politiche di sviluppo economico e sociale dei territori”. Lumia ha inoltre sottolineato come “le infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici sembrano essere una costante”. “Le mafie –ha incalzato Lumia- sono presenti in ogni grande affare, aggirano facilmente le regole, fanno lievitare i costi dell’opera allungando i tempi di realizzazione, utilizzano materiali scadenti per aumentare i margini di guadagno. Il danno prodotto alla comunità è incalcolabile”.
Giacomo Lisacchi
Nessun commento:
Posta un commento