PRESUNTI DEPISTAGGI
Caso Impastato, indagato Subranni
Ma il favoreggiamento è prescritto
Nell'inchiesta sul depistaggio delle indagini sulla morte dell'attivista di Democrazia proletaria, il generale dei carabiniere è accusato di aver agito su richiesta dei cugini Salvo. Chiesta tuttavia l'archiviazione per prescrizione.
PALERMO - Iscrizione nel registro degli indagati per favoreggiamento e contemporanea richiesta di archiviazione per prescrizione. Il nome del generale dei carabinieri Antonio Subranni entra nel fascicolo sui depistaggi delle indagini sulla morte di Peppino Impastato, ma è destinato ad uscirne presto. A meno che non sia lui stesso a rinunciare alla prescrizione per essere giudicato nel merito.
Subranni è stato chiamato in causa il mese scorso dal collaboratore di giustizia Francesco Di Carlo. L'interrogatorio dell'ex boss di Altofonte fa parte dei sette faldoni depositati di recente al processo sulla trattativa Stato-mafia. "I cugini Salvo si sono rivolti ad Antonio Subranni per fare chiudere l'indagine sulla morte di Peppino Impastato", ha messo a verbale il 12 settembre scorso Di Carlo. Ai pm palermitani ha ricordato di aver più volte visto il generale Subranni, ex capo del Ros e tra i 12 imputati nell'inchiesta sul presunto scellerato accordo fra i boss e pezzi delle Istituzioni, negli uffici dei cugini Nino e Ignazio Salvo, potenti esattori siciliani vicini alla mafia.
Sulla morte di Impastato, il militante comunista assassinato dalla mafia nel 1978, Di Carlo ha aggiunto che "Badalamenti spingeva Nino e Ignazio Salvo per parlare col colonnello. Dopo poco tempo Nino Badalamenti mi ha detto: no, la cosa si è chiusa. Non spuntava più niente nei giornali per un periodo, era stata archiviata". Anche Totò Riina, dice il pentito, in un'occasione gli avrebbe parlato dei rapporti tra Badalamenti e il colonnello. In cambio, secondo Di Carlo, Subranni avrebbe ricevuto spinte nella sua carriera. Subranni, secondo quanto ha detto il pentito ai pm, non sarebbe stato affiliato a Cosa nostra: "Non può essere punciuto, possono essere amici, io ci ho mangiato, io c'ho bevuto con gente uguale, però loro avevano il loro mestiere e io avevo il mio segreto, non so se mi spiego".
Il generale è stato sentito nei mesi scorsi dai pm che hanno riaperto l'indagine sull'omicidio Impastato e ha ribadito la correttezza del suo operato nella conduzione dell'inchiesta.
Subranni è stato chiamato in causa il mese scorso dal collaboratore di giustizia Francesco Di Carlo. L'interrogatorio dell'ex boss di Altofonte fa parte dei sette faldoni depositati di recente al processo sulla trattativa Stato-mafia. "I cugini Salvo si sono rivolti ad Antonio Subranni per fare chiudere l'indagine sulla morte di Peppino Impastato", ha messo a verbale il 12 settembre scorso Di Carlo. Ai pm palermitani ha ricordato di aver più volte visto il generale Subranni, ex capo del Ros e tra i 12 imputati nell'inchiesta sul presunto scellerato accordo fra i boss e pezzi delle Istituzioni, negli uffici dei cugini Nino e Ignazio Salvo, potenti esattori siciliani vicini alla mafia.
Sulla morte di Impastato, il militante comunista assassinato dalla mafia nel 1978, Di Carlo ha aggiunto che "Badalamenti spingeva Nino e Ignazio Salvo per parlare col colonnello. Dopo poco tempo Nino Badalamenti mi ha detto: no, la cosa si è chiusa. Non spuntava più niente nei giornali per un periodo, era stata archiviata". Anche Totò Riina, dice il pentito, in un'occasione gli avrebbe parlato dei rapporti tra Badalamenti e il colonnello. In cambio, secondo Di Carlo, Subranni avrebbe ricevuto spinte nella sua carriera. Subranni, secondo quanto ha detto il pentito ai pm, non sarebbe stato affiliato a Cosa nostra: "Non può essere punciuto, possono essere amici, io ci ho mangiato, io c'ho bevuto con gente uguale, però loro avevano il loro mestiere e io avevo il mio segreto, non so se mi spiego".
Il generale è stato sentito nei mesi scorsi dai pm che hanno riaperto l'indagine sull'omicidio Impastato e ha ribadito la correttezza del suo operato nella conduzione dell'inchiesta.
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