sabato 11 settembre 2010

Villarosa.Malasanità

Quando accaduto al policlinico di Messina, dove due medici si azzuffano nella stanza antistante la sala parto davanti a una giovane, Laura Salpietro, che attendeva di dare alla luce, con un parto naturale, il primogenito, non è il primo caso in Italia. Due ginecologi di Mondovì (Cuneo), nel 1985, litigarono per una difformità di vedute mentre era in corso un taglio cesareo. Casi analoghi sono avvenuti a Napoli, a Pondera in provincia di Pisa e persino a Piazza Armerina. Nella città dei mosaici due ginecologici, nell’ottobre del 1987, ebbero una accesa discussione per chi doveva assistere una partoriente, cliente di uno dei due, già in preda a violente contrazzioni uterine. Allora non ci furono inchieste e sospensioni, tutto fu messo a tacere. Gli armerini però sicuramente ricorderanno che in quegli anni il reparto di Ostetricia fu scosso al suo interno da turbolenze dovute a “gelosie” fra medici. Tutto questo perchè avveniva in passato e avviene tutt’oggi? Perchè spesso il sistema organizzativo di un reparto va in cortocircuito? Semplice, molti medici confondono la loro attività professionale svolta nella struttura ospedaliera pubblica con quella privata. Il medico che ha “clienti” che pagano profumatamente le visite nel suo studio privato, ha tutto l’interesse a dirottarlo, per gli interventi più costosi e complessi, nell’ospedale pubblico dove presta servizio. Magari cercando di eseguire personalmente l’operazione, anche a costo di sovvertire turni e regole, fino a venire alle mani con il collega già pronto in sala operatoria. Insomma, quello che nessuno ha il coraggio di dire pubblicamente è che intorno alla salute e alla vita dei cittadini c’è un buisness e che ci sono medici pagati dalle strutture pubbliche che lavorano prevalentemente per i loro clienti e persino nelle case di cura private. La commistione di pubblico e privato è talmente radicata in Sicilia che non è un mistero nemmeno per l’assessore regionale alla sanità, Massimo Russo. “Pervengono a questo assessorato –scrisse il 23 marzo scorso ai manager delle aziende sanitarie- denunce sul comportamento di alcuni medici delle strutture pubbliche che lavorano nelle case di cura private. Ciò non è possibile. Le aziende sanitarie controllino che non accada”. Poi, prendendo spunto dalla vicenda di Messina di una settimana fa, l’assessore alla Salute ha invitato ancora una volta i direttori “a pretendere chiarezza massima su alcuni punti che riguardano la trasparenza: l’attività libera professionale non deve mai prevalere su quella istituzionale, si è tenuti a chiarire il costo delle prestazioni e se l’attività è stata prestata in una struttura pubblica o privata. Inoltre, aziende e professionisti dovranno pubblicare sul sito internet i costi delle loro prestazioni. Un invito anche ai cittadini –ha concluso Russo-, a chiedere la ricevuta fiscale quando si recano presso studi medici professionali”. Intanto, che la salute pubblica non è un optional ma un diritto; che gli ennesi non sono cittadini di serie “B”; che nella sanità la riduzione dei costi non sempre è sinonimo di efficienza, non sono solo i cittadini di Valguarnera, Agira e Villarosa a dirlo che in questi giorni stanno protestando sia per la chiusura dei Cup (Centro unico di prenotazione) e perchè non riescono a contattare il numero verde per le prenotazioni. L’allarme per la politica sanitaria dei tagli parte anche dagli amministratori. A questo proposito, il sindaco di Villarosa, Gabriele Zaffora, ha inviato, con parole accorate, una lettera al dirigente dell’Asp di Enna e per conoscenza al Prefetto. “Avrei voluto volentieri sottrarmi a questo obbligo –scrive Zaffora-, cioè mai avrei voluto prendere atto che la logica prevalente è quella della “cassa” anche quando si tratta della pelle dei miei cittadini, e nella fattispecie la pelle dei cittadini è la loro salute ed i servizi sanitari pubblici a salvaguardia della stessa. Anche a seguito degli ultimi avvenimenti, la drastica, penalizzante, rimodulazione dei servizi diagnostici ambulatoriali, che costringe anche vecchi, inabili, sofferenti a barcamenarsi fra numeri verdi inefficienti, file negli uffici postali, lungaggini e attese defaticanti, sono costretto, in rappresentanza di tutta intera la comunità villarosana, ad elevare una vibrata, amara protesta di fronte ad una visione esclusivamente aziendalistica e monetaria dei servizi sanitari che offende profondamente i bisogni e la sensibilità specialmente dei più indifesi”. Quindi, Zaffora elenca al direttore quello che è avvenuto a Villarosa nell’arco di tre mesi: 1) E’ stato interrotto il servizio di consultorio familiare, già ridotto all’osso nonostante la peculiarità della drammatica situazione sociale di ampie fasce della mia comunità e senza averne avuto alcuna semplice, formale, burocratica comunicazione. 2) E’ stato rimodulato nei termini che si ricordavano più sopra il servizio diagnostico ambulatoriale. 3) Nel tempo, progressivamente, si sono ridotti i servizi specialistici di ginecologia, di ortopedia, di cardiologia”.

“Se queste sono le premesse –scrive ancora Zaffora- è legittimo aspettarsi la fine dei residuali servizi. Quando ciò a breve avverrà, mi auguro verrà alla nostra conoscenza anche con una semplice, formale, burocratica comunicazione”. Infine, Zaffora affida al direttore “il compito di rappresentare, a chi usa soltanto la forbice, che gli sprechi della sanità non nascono dalla soddisfazione dei bisogni primari della massa dei cittadini ma dal cinico sfruttamento delle condizioni di bisogno dei siciliani da parte di chi mantiene e tiene ancora in vita 2000 onerosissime convenzioni con strutture sanitarie private.

Giacomo Lisacchi


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