mercoledì 16 febbraio 2011

Pietraperzia.Trafugate due tele nella Chiesa di Sant'Elia-L'appello di don Rabita agli autori del furto:Ravvedetevi


Pietraperzia. E’ molto preoccupato il parroco della chiesa Madre, don Giuseppe Rabita, per il trafugamento di due tele nella Chiesa di Sant’Elia. Don Rabita, che è responsabile della Chiesa, lancia un appello agli autori del furto invitandoli ad un gesto di ravvedimento. “Le due tele sono di grande valore devozionale – dice don Rabita -. Quella raffigurante l’Annunziata era collocata nella Chiesa del Rosario ed era oggetto di grande culto soprattutto da parte delle donne gravide e di quelle che non potevano avere figli. L’altra tela raffigura la Madonna col Bambino e due santi, tra cui Sant’Elia, titolare della chiesa. Questo santo – prosegue il parroco – è poco conosciuto dai cattolici, ma molto venerato dai bizantini”. Elia nacque ad Enna verso l’829; fu un monaco asceta siculo-greco dalla vita avventurosa. La sua fu una vita itinerante, intessuta di avventure, viaggi a piedi, fondazioni di monasteri, miracoli; fu costretto ad abbandonare la sua città natale Enna, assediata dai Saraceni e da loro conquistata nell’859; cadde comunque nelle loro mani e fu venduto schiavo in Africa. Liberato in seguito, si mise a predicare il Vangelo a rischio della propria vita; costretto a fuggire, si rifugiò in Palestina, dove ricevette l’abito monastico. Dopo la caduta in mano degli arabi di Siracusa (878), si recò in Calabria dove verso l’880 fondò il monastero di Saline vicino Reggio Calabria, che poi prese il suo nome. Minacciato dalle incursioni saracene fu costretto ad allontanarsene prima a Patrasso in Grecia e poi a S. Cristina nell’Aspromonte. L’infaticabile monaco andò anche pellegrino a Roma e al suo ritorno fondò il monastero di Aulinas (900-901) sul monte che prese il suo nome presso Palmi; la fama della sua meravigliosa attività, predicazione e dei numerosi miracoli, giunse anche in Oriente, per cui l’imperatore Leone VI il Filosofo (866-911) lo invitò a Costantinopoli. Ancora una volta, l’ormai anziano Elia si mise in viaggio, ma non riuscì a giungere a destinazione. Arrivato a Tessalonica, si ammalò e qui morì il 17 agosto del 904. Il suo corpo fu trasportato ad Aulinas presso Palmi e, secondo il suo desiderio, tumulato nella chiesa del monastero. Il suo nome resta legato al Monte S. Elia, oggi meta turistica molto frequentata e sul quale sorge un oratorio in suo onore. “Non sappiamo i motivi – afferma don Rabita – che hanno portato alla collocazione di questa tela e della intitolazione della chiesa a questo personaggio di cui si è persa memoria dalle nostre parti. Fatto sta che neppure nella natia Enna si ha una qualsiasi raffigurazione del santo ennese. Qualche anno fa – dichiara ancora il parroco – mi fu addirittura avanzata la proposta di cedere la chiesa ai bizantini, cosa che rifiutai decisamente”. L’intera collettività pietrina è rimasta sgomenta alla notizia del gesto sacrilego, preoccupata anche per il continuo impoverimento del patrimonio artistico della cittadina già depauperato per l’incuria e l’abbandono. Le due tele sono catalogate e fotografate, di esse si conoscono le misure esatte e quindi sono riconoscibili. “Invito gli autori del furto – conclude il parroco - a fare un atto di pentimento, a non danneggiare i dipinti e a farli ritrovare, anche in modo anonimo, restituendoli in tal modo alla devozione di fedeli”.

Giacomo Lisacchi

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