domenica 20 maggio 2012

Hospice insufficiente per i malati


Il 30 giugno del 2006 fu inaugurato in pompa magna e presentato in quella occasione come “un momento molto importante per la sanità ennese”. Ma finita la cerimonia la vetrina d’ingresso fu chiusa con una grossa catena e mai più riaperta. La struttura con i suoi dieci posti letto fornita di camere dotate di ogni comfort, mobili, telefono, televisore, poltrona letto per il familiare che assiste l’ammalato, aveva pure la disponibilità dell’equipe assistenziale, formata da personale qualificato. Stiamo parlando dell’Hospice per malati terminali che era stato allestito nel padiglione che ospitava l’ex chirurgia del vecchio nosocomio di via Trieste. Ora questa struttura innovativa, che riesce ad accompagnare in una fase complessa chi vive purtroppo grandi difficoltà, è stata aperta qualche anno fa nel nuovo ospedale, ma con due posti letto. Insufficienti per dare vita e qualità di vitadignità a chi ha un male “incurabile”. E sono tanti. L’Hospice di Enna è una struttura residenziale e sanitaria d’eccellenza, in cui il malato in condizioni di terminalità e la sua famiglia trovano sollievo, “grazie a degli angeli” che hanno cura dell’ospite, donandogli conforto nelle tribolazioni della malattia, non trascurando il suo contorno familiare, accolto e reso partecipe alle cure erogate. La testimonianza di Tina Di Vita, moglie di Gaetano Puleo morto il 27 aprile scorso, il quale aveva il pensiero sempre rivolto alla vita, mai alla morte, è emblematica. “Gaetano, mio marito –racconta la Di Vita-, un uomo forte, battagliero, sicuro di sè, con una grande voglia di vivere, all’improvviso nel 2010 è stato colpito da un male inesorabile. Per due lunghi anni ha sfidato invano con tenacia e coraggio una malattia devastante. Il dolore, le sofferenze disumane degli ultimi mesi lo stavano cambiando interiormente; finchè è arrivato il ricovero nel reparto Hospice dell’ospedale “Umberto I°” di Enna. Qui ha trovato –sottolinea Di Vita- la forza di lottare e andare avanti con dignità. La professionalità, il rispetto  e l’amore per la persona, la condivisione della sofferenza, le cure prodigate con il sorriso da tutto il personale dell’Hospice hanno ridato a mio marito una forza e una capacità di accettazione della malattia senza limite. L’Hospice –afferma con convinzione la Di Vita- resterà per me la casa, la famiglia che mi ha permesso di sostenere, di aiutare e di alleviare le sofferenze del mio amato consorte alla fine del suo cammino. I miei figli, il mio nipotino, i miei parenti, grazie a questo piccolo reparto, hanno avuto la possibilità di raccogliere le ultime gioie di affetto, di complicità, i momenti di intimità che lasceranno un segno indelebile in tutti noi. La mia vuole essere una testimonianza, un appello, come una goccia nel deserto, per far sì che gli ammalati terminali abbiano il diritto di poter morire dignitosamente; e un auspicio che la ricerca scientifica sul cancro possa porre fine a questa terribile e devastante malattia. Un grazie da Gaetano Puleo ai medici, agli infermieri e agli ausiliari dell’Hospice”.

Giacomo Lisacchi

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