martedì 12 aprile 2011

Con il latte della mamma bambini più forti


“Dovrei riprendere il lavoro. La bambina adesso ha sei mesi. Cosa dice, la svezzo del tutto o tengo ancora uno-due pasti al giorno?”. La domanda è frequente, perché la maggioranza delle giovani donne che seguo in gravidanza ha un lavoro. Non ho dubbi: se il seno è ancora attivo, è saggio continuare ad allattare, tenendo il pasto serale, prima dell’addormentamento, e, se possibile, quello mattutino, anche fino all’anno e oltre. “Il latte della mamma è la miglior medicina” diceva una bravissima ostetrica. Quell’affermazione mi aveva colpita molto, quand’ero giovane specializzanda in ostetricia e ginecologia. E resta vera dal punto di vista medico e psicologico, anche sul fronte della prevenzione. Innanzitutto, il latte materno è in assoluto il più biocompatibile per il piccolo. Contiene tutti i nutrienti necessari alla crescita del bambino, con la massima digeribilità. E’ fondamentale dal punto di vista immunitario: per il contenuto in immunoglobuline del colostro (il primo secreto dal seno) subito dopo il parto; e per il positivo stimolo neuroimmunoendocrino, perché un bambino allattato al seno è mediamente più sereno. Questo modula favorevolmente anche la capacità immunitaria di difendersi da virus e batteri, specie respiratori e intestinali. Non solo: i bambini allattati al seno hanno meno allergie e meno atopie (disturbi infiammatori/immunitari a manifestazione prevalentemente dermatologica), perché meno esposti a sostanze potenzialmente allergiche, ingerite con il latte artificiale e lo svezzamento precoce. Dal punto di vista psicoemotivo, inoltre, i vantaggi sono straordinari: l’allattamento dà al bambino una pienezza di sensazioni di piacere difficilmente eguagliabile. C’è la soddisfazione di appagare il senso di fame con un alimento di gusto perfetto (se la mamma ha l’accortezza di evitare alcuni cibi fastidiosi per il piccolo); c’è il piacere sensoriale di succhiare, molto più gradevole al capezzolo che non con una tettarella di plastica. C’è l’odore della pelle della mamma (che c’è anche con la nutrizione con il biberon, se si ha accortezza di tenere il piccolo a contatto di pelle): quell’odore che il bambino impara prestissimo a riconoscere tra mille (il riconoscimento olfattivo è il primo e il più precoce, ben prima di quello visivo o uditivo). Sentire quell’odore, sentirsi abbracciato e avvolto da quel tepore soddisfa il più potente bisogno psicoemotivo di ogni piccolo: quello di attaccamento affettivo. In più l’allattamento al seno dà al bambino quella certezza di essere amato che lo fa crescere più sicuro di sé, con più fiducia e più autostima. Qui sta il punto dolente: oggi molte donne riprendono il lavoro precocemente (a volte già dal terzo mese, moltissime dal sesto dopo il parto) e questo espone il bambino a una separazione prolungata dalla mamma per troppe ore al giorno. Anche se il piccolo è ben seguito dal punto di vista fisico, quella separazione può farlo sentire abbandonato e può diventare uno stress biologico con somatizzazioni molteplici. Tenere l’allattamento al seno ha un potentissimo effetto calmante, rassicurante, ansiolitico; la sera, facilita l’entrata nel sonno, ansiogena per molti piccoli: “La mamma è tornata, è qui con me”. Il rapporto madre-piccolo diventa fortissimo: ho più volte osservato la qualità dell’affetto verso la madre, anche anziana, dei figli allattati fino ai due anni, come si faceva una volta in molte famiglie. Al mattino, l’allattamento prima di uscire al lavoro dà al bambino un buongiorno speciale e lo tranquillizza ulteriormente. Questo momento di pausa, di tempo reciprocamente dedicato, è essenziale anche per la mamma: tempo di qualità, scelto, morbido, di felicità silenziosa e quieta, pur in giornate crescentemente concitate. Il dato italiano è rassicurante: il tempo medio di allattamento delle donne italiane, secondo l’Istat, si sta allungando: dai 6 ai 7 mesi attuali. E dunque difendiamo e proteggiamo questo tempo, anche dopo la ripresa del lavoro. L’intuizione del cuore, che l’allattamento al seno rende più felici e più sani, non può essere abdicata in nome di efficientismi o presunte modernità. I fondamentali psichici e biologici della vita emotiva restano immutati indipendentemente dall’evolversi della cultura.

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